Nello Voltolina (11 settembre 1908 – 11 marzo 1944)

di Maria Grazia Simeone

La figura artistica di Nello Voltolina si inserisce appieno nel secondo Futurismo. Per molto tempo gli storici dell’arte italiana hanno negato l’importanza di una fase due del movimento, circoscrivendo il valore dell’esperienza futurista solo agli autori e alle opere degli anni fino alla Prima Guerra Mondiale e degradando le realizzazioni degli anni ’20 e ‘30 a mera accademia priva di vitalità, infettata comunque dalla propaganda fascista. Gli artisti di questa fase vengono definiti spesso dai critici successivi “inutili e orecchianti”, “imitatori”, mossi da “garbato epigonismo” e da “attardamento provinciale”. In questo giudizio pesa senz’altro l’avversione nei confronti del fascismo  e più in generale della figura di Filippo Tommaso Marinetti.

Solo dal 1958, per merito soprattutto di Enrico Crispolti, il secondo Futurismo ottiene un tardivo riconoscimento critico, un ruolo nel quadro delle avanguardie artistiche europee, che contribuisce anche a modificare le date fondamentali del movimento, fissandone la nascita nel 1909 (anno di pubblicazione del Manifesto del Futurismo di F. T. Marinetti) e la fine nel 1944, anno della morte di Marinetti. Certamente, all’interno di questo lungo periodo, vengono individuate fasi alterne di vitalità, e i nomi degli esponenti più in vista del secondo Futurismo (Fillia, Dottori, Prampolini) si impongono nuovamente. In ogni caso si riconosce l’aeropittura come la novità, il vero tratto distintivo di questa fase. Il mito della macchina, della modernità e della velocità, proprio del futurismo, negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale, diventa, anche grazie ai progressi dell’aviazione, vero e proprio culto del volo, degli aeroplani, della vertigine.

Nello Voltolina si può legittimamente accostare ai nomi degli esponenti più in vista del secondo Futurismo, per vicinanza umana, per partecipazione a mostre di arte futurista assieme a loro, per l’impulso che con quegli artisti è riuscito a imprimere al movimento in realtà provinciali (il Veneto, il Polesine, Il Friuli) che, come spesso accade alle zone periferiche, conoscono le avanguardie artistiche con un po’ di ritardo rispetto alle città più grandi. Marinetti gira l’Italia per ridare vita al movimento futurista e organizza un congresso a Milano nel novembre 1924, per comporre il dissidio tra fascismo e futurismo e rivendicare  ad esso una  identità politica di espressione dell’arte nuova per uomini nuovi. Le città, soprattutto quelle che ospitano università come Padova, diventano, alla fine degli anni ’20 del secolo scorso, centri di aggregazione e rivitalizzazione del Futurismo, anche grazie alle tournée di Marinetti che, nelle conferenze di Padova, Adria e Rovigo, saluta gli studenti intervenuti con questa formula “Lo studente, il futurista e l’italiano …son tre entità che s’identificano formando un’entità sola”.

Nella prefazione del catalogo relativo alla mostra “Futuristi in Polesine”, (Rovigo, 6 novembre-8 dicembre 1992), che espone le opere di Nello Voltolina, Angelo Prudenziato e Leonida Zen, Carlo Munari afferma che “in un Polesine mai menzionato dalla storiografia (ex) ufficiale, alcuni artisti rivendicavano il diritto di operare mediante linguaggi sovrannazionali. Il loro atteggiamento scattava, e prendeva linfa, da un preciso retroterra culturale: dal febbrile succedersi delle discussioni sui principi, delle “serate” di poesia, delle rappresentazioni teatrali, infine degli interventi deliberatamente provocatori che proprio in Polesine ebbero a dilatarsi in acceso fermento”

E’ quindi molto probabile che un giovanissimo Nello Voltolina, appassionato fin dall’infanzia di disegno e colori, si sia avvicinato al Futurismo venendo a contatto con questi fermenti nel vitale ambiente padovano.

Da una specie di autobiografia scritta come presentazione nel momento in cui si affaccia nel panorama artistico futurista, possiamo ottenere qualche breve notizia sulla sua vita precedente e i suoi esordi:1

“L’11 settembre 1908 di venerdì, in un paese perduto tra sinuosità di dune e fiume, chiazzato di campi di grano e stagni ronzanti di zanzare, vidi per la prima volta il sole. Sole giallo, dune gialle, grano giallo, visi malarici gialli: ecco la mia infanzia gialla, giallissima, disperatamente gialla, con la mamma morta e il babbo in guerra”.

Voltolina nasce a Donada (l’attuale Porto Viro), un luogo davvero sperduto  tra la sabbia e l’acqua del delta del Po. Non abbiamo foto della sua infanzia, mentre è veramente abbondante la sua attività successiva di fotografo, che sa ritrarre angoli della campagna, scene di caccia e di pesca, momenti di felicità familiare: Voltolina appartiene ad una famiglia di possidenti terrieri agiati, il padre e gli zii amministrano campi e valli da pesca, aiutati da numerosi braccianti, che vivono in casoni sperduti tra l’acqua e le canne. Nello sembra destinato, in quanto primogenito e unico maschio della famiglia, a proseguire questa tradizione, ma a contrastare una sorte che pare inevitabile, intervengono vari fattori: un’indole artistica ribelle, gli studi, la vita lontano da Donada, l’impiego in una azienda del Nord e infine, tragicamente, la seconda guerra mondiale.

Nella descrizione della nascita e dell’infanzia non si può non notare l’insistenza sul colore, e il riferimento  alle dune e al fiume che Voltolina avrà sempre presente nelle sue opere, dai malinconici paesaggi degli esordi, vagamente impressionisti, alle realizzazioni più arditamente futuriste e aeropittoriche degli anni più fecondi della sua attività artistica.

Il contrasto tra l’aspirazione ad una vita da artista e le necessità di studio, imposte dalla posizione sociale e dalla futura probabile amministrazione dei beni di famiglia, viene riassunto così:

“Poi lo studio: ho scarabocchiato cento chili di carta, passato in rivista duecento inutili libri scaldando i banchi di Porto Tolle, Donada, Adria, Rovigo, Venezia, Chioggia, Padova e ancora Venezia per avere fra qualche anno il piacere di sentirmi dire “Signor Dottore”.

Particolarmente adatto a raffigurare questo stato d’animo (oltre che la capacità dei nostri progenitori di riutilizzare qualsiasi pezzo di carta) sembra essere un profilo di donna africana, disegnato con matita blu, su un foglio dattiloscritto contenente le quotazioni della piastra messicana e di altre monete, oppure la copertina della dispensa di chimica, ornata da una figura di donna che regge un alambicco.   Certamente Nello Voltolina appare diviso non solo tra il mondo dell’arte e quello dello studio, ma anche tra la vita cittadina, testimoniata da certe foto di gruppo, con giovani eleganti e belle ragazze, e la vita di “valle”, nella quale invece sono visibili cani, fucili, paesaggi di meravigliosa malinconia: due aspetti quindi della sua sensibilità artistica, quello più mondano, che spesso trova espressione in caricature di amici e professori, e quello in cui le dune e le acque del delta padano sono elemento caratterizzante e imprescindibile.

Nello prefuturista è un pittore diligente e preciso: con mano sicura disegna il ritratto del nonno sul letto di morte (1928) per donarlo ad una zia. L’attività artistica sembra ancora circoscritta ad un ambito familiare:

“Fin da bambino ho avuto grande passione per il disegno tanto da occupare il mio miglior tempo lasciando lo studio in posto secondario”.

Nelle parole di Nello, sembra che i temporanei insuccessi nello studio favoriscano la maturazione artistica, o forse questa determini quelli.

“Nel 1930 bocciatura agli esami e sbocciatura di genio futurista. Gennaio 1931: Dormàl mi fa esporre per la prima volta presentandomi Marinetti. Primo successo!”

Voltolina attribuirà sempre  a Dormàl il merito di averlo fatto uscire da una specie di letargo, indicandogli la strada del Futurismo.

Effettivamente il 1931 è un anno cruciale per Nello: espone a Padova, a gennaio, nella manifestazione intitolata 7 futuristi padovani, vero esordio non solo suo ma anche di tutto il  movimento padovano, assieme a Della Baratta, De Giorgio, Dormàl, Peri, Sgaravatti e Crali. Delle otto realizzazioni che presenta (Brezza primaverile, Sott’acqua, 2 novembre, Circo, Seminatore, Trebbiatrice, Ritratto, Tram), è soprattutto quest’ultima ad ottenere il maggiore successo per “linee rette, angoli, forti contrasti, sensazioni di luci in movimento. Poco pensiero specifico, perfezione di tecnica. Così ha inizio il ciclo evolutivo di Voltolina” (Silvio Marchesani, 1933). Nello Voltolina firma le sue opere con la sigla Novo. Un vezzo futurista usare pseudonimi brevi e incisivi: le due sillabe sono formate da alcune lettere del suo nome, e sembrano davvero esprimere l’innovazione, lo scompiglio che Nello vuole portare alla sua vita e all’ambiente artistico della provincia.

A maggio dello stesso anno è la volta della mostra Pittura e aeropittura futurista – arazzi, architettura e giocattoli, organizzata a Trieste da Bruno G. Sanzin. Nella mostra triestina, a cui partecipano futuristi padovani e giuliani, Voltolina espone i dipinti già presentati a Padova, eccetto Brezza primaverile e Seminatore. Alla fine del mese la mostra si sposta a Gorizia, presso il Circolo di Lettura, il numero delle opere e dei pittori aumenta (sono presenti anche alcuni esponenti goriziani della corrente, come Cossar e Zadiby), ma i quadri di Nello si impongono: ne “L’eco dell’Isonzo” del 4 giugno 1931 Valentino Danieli elogia in particolare Tram, ma anche 2 novembre e Circo (o Salto mortale). “Fra i dipinti più ammirati della mostra Salto mortale ci sembra il migliore: elasticità e leggerezza nella vibrazione muscolare del clown; atmosfera greve d’attenzione delle platee; ariosità acrobatica nello spazio luminoso dall’alto”. 2 novembre è“corrispondenza diamorosi sensi” con anime occhio sospese sulle figure chine, alle quali sono collegate dal nastro serpeggiante dei ricordi, nelle predilette gradazioni cromatiche blu-azzurre.

Intanto riesce finalmente a completare gli studi come perito e ragioniere commerciale e si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio di Venezia. Resta comunque in contatto con l’ambiente padovano, in particolare con Dormàl: nel numero unico della rivista  goliardica padovana “Noi siamo le colonne” appaiono caricature e vignette di Voltolina. Nello stesso periodo, si apre a Padova la Mostra Internazionale d’Arte Sacra Moderna Cristiana, con una sezione futurista nella quale viene esposto un quadro di Voltolina, La conversione dell’eretico aleardino”, che ottiene grande successo: “Dalla perfetta fusione dei toni balzano le due figure sintetiche: spirituale, dolce, divinizzata quella del santo, forte, incisa, umana quella dell’eretico. Contrasto efficacissimo. Voltolina ha compreso la necessità di dare un’anima al quadro e l’ha data” (Marchesani, 1933):

Ed ecco che arriva un primo riconoscimento nazionale della sua attività, con l’invito a partecipare alla sezione futurista della Prima Mostra Internazionale d’Arte Coloniale a Roma, in cui viene esposto il quadro Atmosfera coloniale. Sempre nel 1931 con le opere Volo e Aeropittura, espone alla Mostra futurista di aeropittura e scenografia, a Milano presso la Galleria Pesaro.

Interessante anche la produzione grafica, le caricature, i bozzetti pubblicitari, i disegni per spartiti musicali: particolarmente bello Nostalgia di Greta, bozzetto per uno spartito musicale di E.L. Poletto, nel quale il ritratto di Greta Garbo è contrassegnato dalla macchia rossa delle labbra.  La versatilità poliedrica del futurismo si esprime, in Nello come in altri esponenti padovani, anche nella creazione di cuscini con figure stilizzate di aerei e polpi,  e nella sperimentazione fotografica.

“Lo slancio è stato ottimo, la corsa è stata accelerata-vertiginosa. In dicembre ho dovuto fermarmi di colpo, una grave malattia ha minacciato la mia esistenza”.

Il tifo lo costringe ad una convalescenza di sei mesi, nei quali prosegue l’attività pittorica, avvicinandosi con più convinzione all’aeropittura.

“Ho resistito all’urto, e con la primavera mi sono rialzato, ripreso il cammino, a tentoni, poi … di passo ed ora cammino svelto, svelto, guardando in alto e in avanti, accelerando sempre più, per poi correre, correre lontano in cerca di sempre nuove conquiste”.

Dalla guarigione, avvenuta nella primavera del 1932, passando per la laurea in Scienze economiche (18 novembre 1936), fino all’assunzione nell’azienda aeronautica Savoia Marchetti (1 novembre 1937), l’attività artistica ed espositiva di Nello Voltolina è intensa, pur alternando lo studio all’arte: nella Prima Mostra d’Arte Triveneta Futurista, a Padova, nel 1932, in cui espone le prime realizzazioni della “maniera nuova”, più propriamente aeropittorica (Palude, Poeta che declama, Tramonto africano), l’inaugurazione alla presenza di Marinetti e la partecipazione di un folto gruppo di artisti provenienti da Padova, Verona, Trieste, dà particolare rilievo a tante “energie sparse e disperse”. Voltolina fa parte del Direttorio-Giuria, assieme a Dormàl e De Giorgio.

Marinetti seleziona Voltolina e tre sue opere (Acquazzone, Spiaggia, Pesca) per la Terza Mostra dell’Arte Triveneta, organizzata a Padova dal Sindacato Fascista Belle Arti nell’ottobre 1932. Seguono poi le mostre di aeropittura di Piacenza (febbraio 1933) e Bologna, poi Mantova (maggio 1933) e Milano, Galleria Pesaro, nel mese successivo. Arrivare a Roma, alla Prima Mostra Nazionale di Arte Futurista, significa per Nello raggiungere la consacrazione ufficiale. Le dieci opere che presenta (Tram, Cosmo, Atmosfera italiana, Seduzione aerea, L’arcolaio, Amanti in palude, Spiaggia, Acquazzone, Atmosfera coloniale, Pesca) sono molto apprezzate e viene annunciata una sala personale per il secondo turno. Seduzione aerea e Atmosfera coloniale vengono esposte a Berlino e Amburgo per la mostra itinerante di aeropittura futurista (febbraio-marzo 1934).

Atmosfera coloniale è il dipinto più noto di Voltolina. Un cammello cammina sulle dune sabbiose, colori caldi, fichi d’India, l’evocazione di un paesaggio tropicale nel quale si mescolano fantasia e folklore, colore locale e casalinghi esotismi. In Seduzione aerea l’accostamento di linee geometriche ad una figura di donna nera drappeggiata classicamente e a una massa informe di materia quasi organica, formata da circonvoluzioni cerebrali, indica nell’artista una chiara matrice surrealista. Molto apprezzato dalla critica Acquazzone, definito da Quirino De Giorgio “sublime slancio dell’animo dell’artista verso vette nuove e intentate…In esso viene rappresentato lo sfrenato abbattersi di un terribile acquazzone contro un alberello che si abbatte vinto”.  Il quadro verrà poi donato da Voltolina a Marinetti. Più sereno, quasi giocoso Spiaggia: un’ala di aeroplano in volo radente che sorvola la doppia fila delle cabine, la rena e la battigia con gli ombrelloni, una vela che solca le onde. Secondo Sanzin “in Spiaggia riesce ad animare il paesaggio marino di festosa naturalezza, allineando capanne, distribuendo ombrelloni variopinti, mettendo in primo piano una gran vela chiara. Ancora mare e sabbia. La gente non la si vede, ma la s’intuisce allegra e rumorosa tra quegli elementi che sintetizzano il mondo dei bagnanti”.

Dell’amore di Nello per la spiaggia sono testimonianza, tra l’altro, numerose foto di gruppi di giovani al mare o in barca. E che dire della lettera indirizzata a Nello Voltolina, capanna n. 20, Sottomarina di Chioggia? La spiaggia diventa perfino un recapito possibile.

Alla Prima Mostra d’Avanguardia Città di Lonigo un gruppo di pittori futuristi veneziani, che evidentemente considera Voltolina un maestro, lo omaggia presentando dipinti che hanno lo stesso titolo, Sintesi veneziana, di un quadro di Nello: un elemento fondamentale dell’immagine di Venezia, la cupola della Salute, diventa lo sfondo di una vertiginosa trasformazione del ferro della gondola, nel quale si inseriscono gli aeroplani, il simbolo dell’aeropittura.

L’aeropittore Nello Voltolina vuole imprimere il suo marchio di impetuosa novità perfino in un ambito, l’araldica, regolato da norme e figurazioni ripetute e tradizionali: riceve l’incarico dal podestà del suo paese di disegnare uno stemma per una entità territoriale nuova, il comune di Porto Viro, creata nel 1929 dall’unione di Donada e Contarina. Nell’ennesimo foglietto a quadretti Nello descrive la sua creazione , che non conterrà elmi, pennacchi, animali rampanti ma uno “stemma diviso verticalmente in due campi da una spiga fecondatrice … il campo destro è nero, quello sinistro è verde attraversato da un fiume azzurro diramato e sorvolato da un velivolo. La spiga sta a rappresentare la fecondità del terreno e degli abitanti, dalla spiga scaturisce un velivolo ultima espressione del genio umano”. Naturalmente lo stemma non viene approvato, nonostante le perorazioni del podestà che, nel fitto carteggio che intrattiene con la Consulta Araldica, sostiene che un comune giovane  e fascista come Porto Viro non può avere nel suo stemma il leone di San Marco, ma un richiamo a tempi e uomini nuovi. Voltolina, un futurista che il podestà ha sentito elogiare, ma che crea cose poco comprensibili per un profano d’arte, forse ha esagerato inserendo un aereo nello stemma (un aratro sarebbe stato più adatto), ma ha espresso quel senso di novità di cui lo stesso comune di Porto Viro è realizzazione concreta.2

“Voltolina è giovane e può dare molte opere: se egli continuerà, come afferma, con andatura veloce, come ha fatto fino ad oggi avremo in lui un artista compiuto”. Con queste parole termina una recensione molto positiva delle opere di Nello che, nel 1934, partecipa ai Littoriali della Cultura e dell’Arte a Firenze, manifestazione nella quale, osservando opere che sembrano solamente rispettare una convenzione accademica, Voltolina trova spunti per un articolo polemico, “Uno sguardo sulla pittura dei Littoriali”, apparso sulla rivista “Futurismo-Sant’Elia”.

Voltolina viene a tutti gli effetti riconosciuto aeropittore: lo dimostra la presenza del suo Glorificazione della Terra nella sala dedicata all’aeropittura della XIX Biennale di Venezia. Nel dipinto, le sagome stlizzate di un aereo disegnano un semicerchio e poi un’ellissi sullo sfondo blu del cielo. Secondo Marchesani, che parla del quadro già nel 1933, “L’aeroplano assume per lui un valore mistico, perciò lo divinizza e le sue composizioni pervengono ad un alto livello di lirismo”. Sempre nel 1934 partecipa alla Prima Mostra Nazionale di Plastica Murale a Genova con il progetto per la decorazione parietale di una Casa del Fascio (Voltolina è tra i firmatari del manifesto, nel quale Marinetti afferma che la mostra presenterà tutte le geniali possibilità che architetti, pittori e scultori accordati possono fare per l’edilizia fascista). Nello, pur considerando limitata la sua esperienza architettonica a “quello che è palude e opere di bonifica”, spera di produrre qualcosa che sia all’altezza del compito (lettera a Fillia, 11 settembre 1934).

Nello ha però ben presente la necessità di terminare gli studi universitari: mentre scrive a Mino Somenzi sul timore di dover abbandonare l’arte per lo studio, ricevendone la calda esortazione ad assolvere i doveri di artista e studioso con la stessa intensità, dirada di fatto la partecipazione a mostre, pur esponendo, nel 1935, sia alla seconda Quadriennale d’Arte Nazionale a Roma (Palude da 1000 metri), sia alla Mostra dei quarant’anni della Biennale (Atmosfera fascista).

Un discorso a parte merita il versante grafico della sua attività: nel 1935 esce il numero unico de “L’Ascensore, Arciquaderno goliardico cafoscarino”, di cui cura grafica, impaginazione e redazione. Sulla copertina della rivista, il classico aeroplanino, ormai suo segno distintivo, solleva un ascensore volante, nel quale si intravedono le figure abbracciate di uno studente, con il tradizionale copricapo universitario, e di una ragazza. Sullo sfondo nero, le lettere cubitali verde brillante WLA, ripetute in nero nel frontespizio, nel quale l’amore dei futuristi per il gioco di parole e il non senso si manifesta appieno: la A maiuscola è l’iniziale della parole “aerodinamico, antirabbico, agghiacciato, accademico, antisettico, accelerato, anatomico, arcipieno, aperitivo, aritmico, artistico, amoroso, amico, alato”. Nelle pagine caricature, vignette, italiano e latino maccheronico, spirito goliardico a piene mani, smitizzazione di Venezia e della sua antica università. Il prezzo? FACCIA LEI (minimo lire due).

Sempre in questo versante, intrecciato profondamente con la vita dell’università, si colloca la creazione dei “papiri di laurea”, vera e propria sintesi canzonatoria che, secondo il costume della vita goliardica, prende di mira vizi e virtù del laureando, trovando naturalmente nella caricatura il fulcro centrale della realizzazione: Voltolina e Dormàl offrono questo servizio, dietro il pagamento di modesti compensi, a chi intenda solennizzare la laurea di un amico in modo scherzoso. Voltolina realizza due papiri per la laurea di Dormàl, nel 1933 (Oggi Carlo Maria Dormàl è dottore in legge e Carlo Maria Dormàl dottore in legge): firmati da Marinetti, Benedetta, Prampolini, De Giorgio, Bragaglia, Voltolina, Mazzorin, Somenzi, Ambrosi, Depero, Dottori, Brunas, Fillia, Sanzin, Balla, contengono la caricatura dell’amico fraterno, vero motore del gruppo futurista padovano.

Con Sbadigli partecipa, nel 1936,  alla XX Biennale di Venezia. Nello stesso anno espone alcune opere nella sezione futurista della Seconda Mostra d’Arte Sindacale Polesana. Opere già esposte in precedenza, come Spiaggia, Acquazzone, Atmosfera coloniale, e altre nuove (Maria la figlia del pescatore, Alla conquista dell’infinito). La bocca di Maria è trasformata nel galleggiante di un amo, sullo sfondo una rete e un pesce, con evidenti richiami al mondo della valle da pesca, così importante nella formazione artistica di Voltolina, con le sue suggestioni e i suoi colori.

Il 18 novembre 1936 consegue la laurea in scienze economiche; gli amici Marinetti, Dottori, Dormàl, Somenzi, Dalla Baratta, De Giorgio, Prampolini, Guidi, Sanzin e Mazzorin firmano il diploma, e uno di loro, De Giorgio, realizza il “papiro”, ornato di aeroplani, pesci e foglie di lauro.

A Roma, nelle sale del Dopolavoro aeronautico di Piazza Esedra, espone quattro dipinti alla Mostra di Aeropittura Futurista: Paese schiacciato, Sorvolando Sabaudia, Vele innamorate dell’idrovolante, Etna aerea.

Nel giugno 1937 Nello riceve, dalla Federazione Nazionale Fascista dei commercianti dei prodotti della pesca, l’incarico di occuparsi della progettazione e realizzazione di un padiglione destinato alla vendita di prodotti ittici per la Fiera di Ancona, in programma tra il 15 luglio e il 15 agosto. Il padiglione deve presentare caratteristiche precise, deve rispecchiare nella struttura e nelle decorazioni razionalità e modernità. Se in questo incarico ha un peso la raccomandazione di Marinetti, Nello  comunque pare la persona più adatta a svolgere il compito di progettare uno spazio dedicato al commercio del pesce, per la tradizione familiare legata alle attività della pesca e per l’eclettismo e l’apertura ad ogni aspetto della vita che un moderno futurista deve possedere. Il suo dividersi tra due mondi sembra trovare questa volta una sorta di pacificazione, di ideale congiunzione.

Continua intanto ad aiutare il padre nella gestione delle valli da pesca. All’inizio di novembre 1937 viene assunto dall’azienda aeronautica Savoia Marchetti e rimane fino al gennaio 1940 nell’ufficio di Roma, “per i collegamenti con i diversi ministeri e legazioni straniere e per assistenza velivoli sui campi della zona”, come si legge in un curriculum vitae scritto a mano che non parla più di esperienze artistiche, ma di lavoro e incarichi.

Riesce però ad esporre sia nella XXI (1938) che nella XXII (1940) Biennale di Venezia, e nella Terza Quadriennale romana del 1939.

Chiede e ottiene il trasferimento alla sede di Sesto Calende. Nel curriculum vengono elencate le mansioni svolte nel nuovo posto di lavoro, come vice capo servizio alla Contabilità industriale, poi nella Segreteria generale e infine, da febbraio 1942, alla Direzione del Personale. Certamente Nello avrà spiegato i motivi del trasferimento a parenti e amici. Noi possiamo solo immaginarli: sicuramente la necessità di avvicinarsi alla famiglia, mentre la guerra diventa sempre più difficile e concreta, o forse migliori prospettive di carriera, o magari la voglia di allontanarsi da Roma e dai ministeri.

Mentre si occupa di assunzioni e licenziamenti, organizza la Terza Mostra d’Arte del Dopolavoro aziendale Savoia Marchetti di Sesto Calende, di cui cura il giornalino, pubblicando caricature di impiegati e dirigenti. Il suo famoso aeroplanino compare su bozze, forse per un manifesto o una copertina,  per la 2^ Giornata della Tecnica , 4 maggio 1941. Ma il trasferimento segna la fine della produzione futurista e il ritorno ai paesaggi impressionisti della gioventù. Sembra quasi che Nello chiuda una porta definivamente, anche se il fascino che hanno sempre esercitato su di lui il volo e gli aerei non si spegne del tutto. Durante la lavorazione del film Gente dell’aria, le cui riprese si svolgono, a settembre 1942,  presso i cantieri di Sesto Calende, segue la realizzazione della pellicola, prodotta da Cinecittà, e realizza anche alcune riprese cinematografiche aeree.

Nelle circostanze della tragica scomparsa di Nello Voltolina, sembrano accoppiarsi fatalmente due componenti essenziali della sua vita: l’amore per l’arte e gli aeroplani. Quando inizia il bombardamento aereo di Padova dell’11 marzo 1944, Nello evidentemente si trova per strada e, invece di cercare un rifugio, entra nella Chiesa degli Eremitani. Nel racconto di coloro che per alcuni mesi non hanno più avuto sue notizie, si immagina che Nello entri in chiesa per l’improvvisa apertura del portale dovuta allo spostamento d’aria, o forse per la sensazione di essere al sicuro dalle bombe e anche per il richiamo esercitato dagli affreschi di Andrea Mantegna, che adornano magnificamente la Cappella Ovetari. La chiesa viene colpita, crollano il tetto, la facciata e l’abside. I parenti di Nello, sfollati nelle valli di famiglia e ignari della sua sorte, non avendo più notizie immaginano che sia scappato, forse che abbia raggiunto i partigiani, mentre, come accade sempre con le persone scomparse, la sua presenza viene segnalata qua e là.

Qualche tempo dopo il bombardamento, la rimozione delle macerie della chiesa porta alla luce dei resti umani, sotto una statua della Madonna. Un anello permette l’identificazione del cadavere. Si tratta proprio di Nello Voltolina.

Cosa avrebbe potuto fare ancora Nello Voltolina se fosse sopravvissuto alla guerra? Difficile rispondere: certamente, come tutti gli esponenti di un’arte ritenuta, nel dopoguerra, irrimediabilmente fascista e deteriore, sarebbe stato dimenticato o demolito senza appello. In ogni caso, l’allontanamento dal Futurismo degli ultimi anni di vita fa pensare a una certa stanchezza, forse anche alla difficoltà di accettare un’arte sempre più votata alla propaganda del regime, proprio mentre i rovesci della guerra  fanno conoscere il vero volto del fascismo e tolgono ogni illusione anche a chi lo aveva sostenuto.

Carlo Munari, concludendo la presentazione delle opere di Voltolina nel catalogo dedicato alla mostra “Futuristi in Polesine” del 1992, sostiene che “Nella produzione pittorica di Voltolina retorica e propaganda di regime non trovano spazio e anche l’aeropittura non è strumentale alle celebrazioni delle italiche glorie, quanto al sistema di rappresentazione del paesaggio e delle figure a lui familiari prima, e dell’infinito spazio poi”.

1  L’autobiografia di Nello Voltolina è conservata nell’archivio del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (MART), fondo Fortunato Depero.

2 Il bozzetto dello stemma disegnato da Nello Voltolina e il carteggio tra il podestà Arcangeli e la Consulta Araldica, sono conservati presso l’archivio del comune di Porto Viro.

Per ulteriori informazioni: mgsimeone@nellovoltolina.it